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  • Zio Paperone e il mistero dell'Olimpo
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Zio Paperone e il mistero dell'Olimpo è una storia scritta da Manuela Marinato (trama) e Giorgio Pezzin (sceneggiatura), disegnata da Paolo Mottura, e apparsa per la prima volta sul n° 1798 di Topolino del 13 maggio 1990.

Trama

Paperino e Qui, Quo, Qua sono convocati d'urgenza al Deposito perché lo Zio Paperone ha una crisi di disperazione: infatti, il finanziere greco Takkignakis ha saldato un suo debito cedendogli un paio di navi e un terreno di montagna che lo Zione ritiene di nessun valore.

In realtà, come chiariscono Qui, Quo e Qua, la montagna è nientemeno che il famoso Olimpo, mitica sede degli dei greci. Paperone si lascia incantare dai miti raccontati dai nipotini e finisce per pensare che ci sia qualcosa di vero, in particolare relativamente all'oro di cui gli dei amavano circondarsi, e finisce per organizzare una spedizione in Grecia alla ricerca di questo fantomatico metallo prezioso, naturalmente coinvolgendo anche i nipoti.

Arrivati in prossimità dell'Olimpo, i paperi trovano un ambiente tutt'altro che invitante: la montagna appare brulla e deserta e può essere esplorata solo a dorso di mulo. Per di più, il quadrupede comprato a caro prezzo da Paperone si spaventa durante un temporale e fugge, lasciando i cinque a piedi e senza bagagli. Riparatisi in una grotta, i paperi cercano di asciugarsi accendendo un fuoco con della legna dallo strano aspetto trovata nella stessa grotta; tuttavia, il fumo ha un effetto soporifero e in breve i nostri amici si addormentano.

Al risveglio, Paperone e nipoti scoprono sbalorditi di essere in prossimità dell'officina di Vulcano, che però anziché forgiare metalli all'uso antico, fabbrica raffinati elettrodomestici in oro zecchino. Paperone, facendosi forte della proprietà dell'Olimpo, si impadronisce degli oggetti ma viene redarguito da Vulcano in persona ed è costretto a fuggire. Ma le sorprese non finiscono qui: i paperi trovano una reggia in cima alla montagna, dove abita Giove, anche lui circondato di oggetti preziosissimi, e si palesano anche Marte, Giunone e Mercurio, tutti con caratteristiche vagamente affini a quelle delle divinità antiche, benché inclini a servirsi dei ritrovati della tecnica moderna.

Paperone è soprattutto attratto dall'idea di portar via alcuni dei tesori della reggia per esporli nei suoi musei di Paperopoli, quando Mercurio gli propone di venderglieli. Dopo interminabili trattative, il magnate paga una cospicua somma per una serie di oggetti preziosissimi, fra cui una coppa d'oro tempestata di diamanti, e si prepara ad avviarsi con i nipoti. Tuttavia Mercurio ha fatto il doppio gioco, e ora scatena i guardiani a caccia dei paperi, affermando che hanno rubato i tesori di cui sono in possesso. I cinque sono costretti ad abbandonare parte dei tesori e si ritrovano di nuovo nella grotta di Vulcano, dove perdono i sensi a causa di strane esalazioni.

Al risveglio, Paperone, Paperino e Qui, Quo, Qua si ritrovano nella grotta in cui si erano rifugiati durante il temporale. Non c'è più traccia dell'esistenza degli dei, anzi la montagna appare nuovamente silenziosa e desolata. La spiegazione più plausibile sembra che la legna antica fatta bruciare li abbia ipnotizzati facendo credere loro ai miti degli antichi greci, sia pure rivisti in chiave più moderna. Delusi, i paperi decidono di tornare a casa, quando Paperone inciampa nella coppa d'oro tempestata di diamanti, che evidentemente non era solo un sogno, e si consola all'idea di non rientrare a mani vuote.

Analisi

L'idea di far rivivere i miti greci in chiave disneyana è alla base di questa storia, che per buona parte della trama lascia pensare all'esistenza effettiva degli dei in un universo parallelo, e usa come espediente finale la spiegazione del "sogno collettivo"[1]. Naturalmente, le caratteristiche delle divinità sono totalmente sfrondate da elementi non compatibili con i Canoni Disney, come l'amore sensuale e la morte, e con facile effetto comico si introduce lo straniamento della modernizzazione - consistente per lo più in elettrodomestici - a cui gli dei, da supporre immortali e quindi ancora vivi e vegeti alla fine del XX secolo, non intenderebbero rinunciare.

Abbastanza inusuale è anche la definizione grafica delle divinità, rappresentate con fattezze umane (naso non canino, mani e piedi con cinque dita) e, nell'insieme, poco disneyane, quasi ad suggerire la dimensione onirica della vicenda, mentre presenta un aspetto molto più canonico il contadino greco che vende il mulo a Paperone.

Curiosità

  • Benché si tratti dichiaratamente dei miti greci, gli dei vengono generalmente designati con i nomi che a loro diedero successivamente i romani, forse più comprensibili per i lettori più giovani.

Pubblicazioni

Zio Paperone e il mistero dell'Olimpo è stata edita cinque volte in Italia:

Inoltre, è stata tradotta e pubblicata in Brasile, Danimarca, Germania, Grecia, Norvegia, Portogallo e Svezia.

Note

  1. Che ha, comunque, precedenti illustri: cfr. Paperino nel tempo che fu di Carl Barks.
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